La vicenda dell’ILVA di Taranto, uno degli ultimi grandi impianti siderurgici rimasti sul nostro territorio che, in nome dell’industrializzazione a tutti i costi e della tutela del lavoro, ha avvelenato per decenni le vite dei tarantini, ha posto nuovamente sul tavolo l’irrisolta questione REDDITO/AMBIENTE/LAVORO e del RICATTO OCCUPAZIONALE che vi è sotteso. Se nella sua accezione ottocentesca il termine “lavoro” prevedeva una creazione di valore (con tutte le contraddizioni connesse), a Taranto ha assunto un volto ben diverso, imponendosi come moltiplicatore di TUMORI per gli abitanti del Rione Tamburi e di tutta la costa ionica, nonostante le rassicurazioni di padron Riva e sindacati di regime che, ancora oggi, pur di scongiurare la chiusura del “mostro ILVA” continuano a speculare indecorosamente sulla pelle di operari e cittadini. Ma da Taranto è partita anche un’importante rottura, quella di una parte della città che lo scorso 2 agosto ha fatto irruzione alla fiera della retorica sindacale, interrompendo FINALMENTE decenni di slogan, banalità e connivenze di parti sociali e padronato, richiedendo semplicemente OCCUPAZIONE-SALUTE-REDDITO-AMBIENTE. Ma certo la vicenda tarantina è solo la punta dell’iceberg di un sistema capitalista che tenta di rinnovarsi attraverso la delocalizzazione della produzione fuori paese, attraverso la repressione, attraverso i licenziamenti in tronco fatti consensualmente coi sindacati, attraverso l’estensione del cosiddetto lavoro immateriale e della flessibilità. La vicenda della Fiat Pomigliano ne è la conferma, così come le vertenze Iribus, Alcoa,Sulcis, Fincantieri,Operatori sociali. Per voler ricondurre la questione a livello regionale o locale, i nostri territori di provincia, vessati simultaneamente da camorra/imprenditoria/politiche clientelari, sono territori di “sperimentazione” nei quali disoccupazione, inquinamento, mancanza di servizi sono percepibili da chi è costretto a subire questo stato di cose quotidianamente. Gli sprechi economici si palesano ovunque; tema caldissimo degli ultimi mesi, dopo la chiusura dei cava Sari a Terzigno, è quello delle bonifiche ,da affidare alle solite ditte del nord (Ecodeco/A2A) che hanno sventrato una regione sversando veleni e costruendo cave ed inceneritori in ogni dove, della costruzione di impianti biogas altamente impattati, dei lavori di sistemazione del centro di raccolta differenziata di Boscoreale (duecentocinquemila euro spesi) o delle ingenti compensazioni ambientali delle quali più nulla si è saputo. Ritenendo che questa sia una situazione paradossale che porterebbe ricchezza ( soldi che appartengono a noi!!!) nelle mani delle solite lobbies e dei soliti politicanti, che per anni hanno drenato risorse distruggendo le nostre terre e sottraendole ai contadini, crediamo che ci sia l’estrema necessità di inserirci in questi meccanismi non certo per assecondarli, ma per portare avanti una ben precisa proposta di REDDITO. I disoccupati ed i precari, nell’area vesuviana, abbondano, ed un caso emblematico è rappresentato dai lavoratori del settore marittimo di Torre del Greco(in meno di due anni sono falliti due colossi del settore come la DiMaio lines e soprattutto la Deiulemar); la mancanza della benché minima rete di protezione sta relegando una fetta importante della popolazione in condizioni di preoccupante marginalità sociale costringendo al sommerso o alle attività illegali. L’emigrazione spopola quartieri; la maggior parte dei giovani va a cercare forzatamente lavoro al nord oppure all’estero e quando, nonostante le enormi difficoltà,si decide di rimanere l’unica alternativa è il lavoro nero, rischioso e mal pagato. La marginalità sociale sussume anche i numerosi migranti, venuti da paesi vessati da guerre e militarizzazioni attraversando un Mediterraneo oramai lago di sangue, vittime del caporalato o di galere costruite ad hoc (C.I.E.).Facendo appello a tutte le individualità “ ai margini”- escluse dalla riorganizzazione degli assetti produttivi capitalistici in atto- attraverso la formazione di un movimento di lotta dell’area vesuviana , chiederemo di riprenderci quello che ci è stato tolto e di gestire autonomamente e dal basso,completamente sganciati da logiche clientelari, il nostro territorio. Inoltre, crediamo che sia impellente, oggi più che mai, reclamare e pretendere un REDDITO DI BASE INCONDIZIONATO UNIVERSALE, completamente sganciato dal lavoro – quindi da elargire indipendentemente dall’iscrizione ad un centro per l’impiego – che vada a sostenere chiunque non riesce ad arrivare a fine mese. La richiesta che avanziamo si distacca decisamente dalla richiesta di reddito minimo avanzata dai principali partiti politici del paese; crediamo che una richiesta di reddito d’esistenza debba favorire un reale affrancamento dal lavoro, ed essere distribuito a tutti/e:precari,disoccupati, studenti, casalinghe, migranti, contadini,pensionati. Un reddito, insomma, che vada a contrastare la miseria aggredendo direttamente i profitti di chi ci governa, che costituisca un terreno di conflitto attraverso una campagna di riappropriazione di terreni agricoli, di case, di cibo, di servizi (trasporti, sanità,scuola), perché oggi ci è impossibile pagare un affitto, ci è impossibile andare all’università a causa delle tasse troppo alte, ci è impossibile usufruire della sanità pubblica,ci è impossibile mangiare, ci è impossibile campare!
PER IL DIRITTO ALL’INSOLVENZA, PER UN REDDITO DI BASE INCONDIZIONATO UNIVERSALE, PER LA NASCITA DI UN MOVIMENTO DISOCCUPATI DELL’AREA VESUVIANA, PER IL DIRITTO AD UN ESISTENZA LIBERA DAL RICATTO DEI PADRONI
ASSEMBLEA PUBBLICA
PER UN REDDITO DI BASE INCONDIZIONATO UNIVERSALE
27-09-2012 ore 20.00
Piazza VARGAS, BOSCOREALE (NAPOLI)
Non delegare, lotta!